Budo, la via delle arti marziali
Budo significa la “via delle arti marziali” (bu “marziale”, do “via”, intesa come percorso o metodo).
Ne esistono varie forme, le più note delle quali sono: il karate-do (fondato intorno al 1925 circa), la “via della mano vuota”; il judo (fondato nel 1882 circa), la “via della cedevolezza”; il kendo (fondato nel 1886 circa), la “via della spada”; il kyudo (fondato nel 1888 circa), la “via del tiro con l’arco”; e così di seguito.
Esse sono state ideate sulla base di arti marziali più antiche, il complesso del bujutsu (bu “marziale”, jutsu “tecnica o arte”, intesa come insieme di pratiche psico-fisiche militari), che avevano la specifica finalità del combattimento e della difesa personale, come ad esempio, il karate-jutsu, il ju-jutsu, il ken-jutsu, il kyuba-jutsu (il tiro con l’arco dei guerrieri a cavallo).
Il “praticante di budo” viene chiamato budoka, e con lo stesso suffisso si designano i praticanti di un budo specifico: karateka, judoka, kendoka, kyudoka.
Il budo è un’arte ed un metodo educativo al contempo.
E’ un’arte perché consiste in delle tecniche “formali”, “gestuali” (waza, “tecnica”), che vanno espresse con il corpo (tai), ed è una forma di educazione perché oltre a coltivare l’igiene fisica e mentale attraverso l’esercizio, contiene un novero di “regole” (il reigi: ”etichetta”) attraverso le quali l’attività deve essere svolta.
Anticamente il bujutsu veniva praticato dai bushi, i guerrieri del Giappone feudale, che si educavano mediante degli esercizi propedeutici alle tecniche di combattimento reale.
Le scuole di arti marziali fondate in Giappone prima del 1867 mantengono questo approccio “guerresco” e vengono definite koryu bujutsu, le “scuole antiche di arti marziali”, o kobudo, le “vie marziali antiche”.
Oggi, nella società moderna, ed in particolare in occidente, il budo viene praticato come sistema di educazione all’autodisciplina, per sviluppare le capacità motorie di base ed avanzate e come “propedeutico” all’autodifesa.
Questo è l’approccio delle scuole fondate in Giappone dopo il 1867, che vengono definite gendai budo, o “metodi marziali di nuova concezione”.
In questo senso il budo è stato spesso inserito come disciplina sportiva di studio aggiuntiva non solo nella scuola primaria e secondaria, ma anche per i più piccoli nella scuola dell’infanzia, e per i più grandi all’università.
Inoltre alcuni praticano il budo come sport olimpico, come nel caso del judo sportivo e del karate sportivo.
Altri hanno trovato nell’arbitraggio delle competizioni o nell’insegnamento la loro identità o professione.
Dunque il budo può “nutrire” e migliorare vari aspetti della nostra vita.
Nella nostra Accademia Discipline Orientali di Pescara si pratica il Wado-ryu karate-do ju-jutsu kenpo, un budo di sintesi tra il karate ed il ju-jutsu con elementi di ken-jutsu, o spada giapponese.
Il Wado-ryu è “nominalmente” un gendai budo, o “arte marziale moderna” perché è stato fondato nel 1934 a Tokyo, in Giappone, dal Gran Maestro Hironori Ohtsuka I (1892-1982), ma è stato riconosciuto come koryu bujutsu o “scuola antica di arti marziali” dal governo giapponese nel 1938 perché affonda in modo evidente le sue origini nella Yoshin-ryu ju-jutsu kenpo fondata presumibilmente da Yoshitoki Shirobei Akiyama, un medico e maestro di arti marziali di Nagasaki, prima del 1671 (presumibilmente nel 1632) quindi in pieno periodo feudale giapponese.
Nei nostri corsi pratichiamo entrambi gli approcci: sia l’arte come metodo di autoformazione, sia la marzialità come difesa personale, sarà il praticante a scegliere il percorso che più ritiene opportuno per sè.
Il budo viene tradizionalmente praticato nel dojo, la “sala di pratica” (do “via”, jo “luogo”).
Dojo significa “luogo dove si pratica la via”.
La “via” è il metodo, la disciplina che si sceglie per allenarsi e perfezionarsi.
In mancanza si può utilizzare qualsiasi altro luogo, dalla comune palestra ad un luogo all’aperto come un parco o la spiaggia, anche se per favorire l’apprendimento e lo studio delle tecniche è meglio utilizzare uno spazio indoor, al “coperto”, per proteggersi dalle intemperie, e meglio se su di un suolo costituito da parquet di legno o tatami, “materassini” in paglia di riso o bambù (in gomma i più moderni).
Tradizionalmente ogni dojo ha un nome evocativo, il cui significato “guida” e “orienta” i maestri e gli allievi nella loro pratica.
ll nome del nostro dojo è Dai do kan: la “sala della grande via”.
Nell’Accademia Discipline Orientali si pratica il budo con l’intenzione di perfezionarsi al massimo, cercando di migliorare ogni giorno, sempre più, non solo come atleti, ma anche e soprattutto come persone.
E’ questo il significato di “grande via”.